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DOLCI RICORDI (2012)
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ROCKIT
di Simone Stefanini
http://www.rockit.it/recensione/22438/gronge-dolci-ricordi
Chi non conoscesse i Gronge si perderebbe un bel pezzo d’Italia che a metà degli anni 80 inventa l’autoproduzione in Italia, insieme ai Franti. Basterebbe questo. Si sono definiti tecnopunkabaret, sono stati tra i primi a giocare coi campionamenti, ad usare il videoclip. Una sorta di Squallor anarchici mischiati ai P.I.L., si producono in stralunato punk jazz, unito all’elettronica basica e al cantato corrosivo ed iconoclasta di Marcho Gronge, uno vero. Ma poi, definirli equivale a rinchiuderli e figuriamoci se voglio essere io a far loro questo spregio.
“Dolci ricordi” è il loro ultimo lavoro originale, uscito nel 2012 ed andrebbe comprato anche solo per la copertina, un collage che comprende tra gli altri Padre Pio fotonico e Actarus con la faccia da gatto. Le canzoni sono intrise di romanità e di quella forza “illegale” rara in un disco degli anni 10. “Anima mia” apre questo album dissacrando il classico dei Cugini di Campagna ed è già manifesto.”Graffiti 3″ declama un sacco di scritte sui muri trovate in giro, sopra una musica di matrice noise funk ed è più attuale di un tiggì. C’è spazio per il cyber-punk tribale di “The teacher” e il post rock di “Dolci ricordi”, bellissima nel suo minuto e cinquanta di prosa contro. “Forza lavoro” è un’autocitazione mentre “Pischelli”, venata di jazz latino, è dedicata ai giovanetti che perserò la vita a causa dell’illegalità. Uno stornello romano amarissimo. “Killer naturale” è jazz puro, eccitante e parla dell’alcol. Non bene. “Man Ray lo sai” giunge alla deriva su un territorio noise intimo e spiacevole, disturbante, così come “My Brain”. Concludono “Divento protagonista” e “Defilippis dead”, quest’ultima nel tipico stile Gronge, il tecnopunkabaret di cui sopra. Parla di Maria, immaginatevi con quanto entusiasmo.
Defilippis dead dead dead dead dead.
Ascoltateli i Gronge, se non li conoscete informatevi, ne vala la pena. Sono attuali ed insieme totalmente fuori posto. Provate con quest’album, se vi piace, andate a ritroso, di cose da dire ne hanno sempre avute e vi godrete uno spaccato al veleno dell’Italia negli ultimi 30 anni.
KATHODIK
http://www.kathodik.it/modules.php?name=Reviews&rop=showcontent&id=5379
giugno 2013
Ci son rimasto alquanto stupito quando è arrivato in redazione il nuovo album dei Gronge, una delle più importanti realtà alt punk della penisola e tra i primi gruppi ad aver pubblicizzato la possibilità dell’autoproduzione e del DIY. Il loro technopunkcabaret suona terribilmente nuovo ancora oggi, il che fa ben intuire la povertà di gran parte della scena… ma per carità, non divaghiamo.
La partenza con Graffiti 3 già fa capire che fortunatamente i nostri non sono cambiati di molto, una raccolta di deliranti proclami graffitati qui e lì da “nazisti al rogo” a “principessa buongiorno” a “il marocchino qui dietro fa la guizza a trenta centesimi”… un trancio di vita romana metropolitana su una base reggae/rock, divertente, quanto deprimente.
Segue l’amara Il corpo della nazione, sciorinata di luoghi comuni irrinunciabili che suona più velenosa di qualsiasi denuncia diretta. Pischelli invece è più convenzionale nel suo racconto di gioventù strappata alla vita dalla piaga della legalità, partendo da uno spunto ironico e invece finendo in semidramma.
Killer Naturale sembra quasi uscita da dei Dog Fashion Disco particolarmente jazzy, serial killer metropolitani che si muovono senza chiodi fissi, stranezze e mangiando un panino integrale: uno come noi. Pezzo di punta è sicuramente Forza lavoro: trascinante, sardonico, svogliato, incazzato. Boh. Inserite gli aggettivi che vi pare, difendete pure questa vita di merda.
Chiaramente ‘Dolci Ricordi’ fermamente autoprodotto, con un mixing straordinario che rende l’ascolto in cuffia quasi un obbligo. L’ironia e il sarcasmo nelle mani dei Gronge diventano armi di distruzione di massa che niente lasciano intatto, com’è giusto che sia in questo maledetto paese.
E quindi, meno male che sono tornati, speriamo almeno che stavolta rimangano…
BJORKO DIO
dundundudu.blogspot.de
aprile 2013
Siamo in italia, nel 2012.
I ricordi più vividi sono quelli più squallidi.
Enjoy.
SONO AMNETICO
SANDS-ZINE.com (top one)
recensione di Matteo Uggeri
aprile 2013
«Ma QUEI Gronge?» chiedo a Mario Biserni quando mi gira la mail di Federico Leo che propone di recensire “Dolci Ricordi”. Ebbene sì, sono proprio il gruppo romano storico del punk ed oltre, che ai tempi di “Tecnopunkabaret” era in prima linea su tutta la stampa diciamo alternativa. Li conosco però meno di quanto vorrei, quindi l’approccio a questa recente fatica discografica è cauto, circospetto, quasi neutrale. Quindi il cazzotto in faccia mi arriva bello dritto, proprio quando avevo cominciato a sorridere, anzi, a ridere di gusto all’ascolto già del secondo pezzo, il cui fulminante testo è la semplice sequenza di scritte sui muri romani. E poi meglio ancora fanno con Il corpo della nazione che, con la sua bella base elettronica, sciorina con saggezza e ironia frasi da incorniciare su come mai «si diventa un pochino misantropi» in questo paese in declino rapido. Il disco procede poi di bene in meglio, irresistibile per i testi caustici, sarcastici, acuti, taglienti e grandiosamente recitati dal Bedini, ma anche ottimo dal punto di vista musicale, con le sue cadenze variabili scandite da una batteria che non manca mai di mettere dei tocchi fantasiosi, un basso semplicemente perfetto e una chitarra che disturba con graffi precisi o accompagna con melodie sognanti che piacerebbero ai fan dei Cure (come me). C’è una piccola caduta di attenzione nella seconda parte, dove forse si sarebbe potuto tagliare qualcosa, ma basta il finale ‘anthemico’ al coro di De Filippi’s dead per sparare questo piccolo rabbioso capolavoro in testa alla mia classifica di ascolti di questo primo quarto di 2013.
I Gronge li vorrei vedere in prima serata su Rai 1.
Al posto di Studio Aperto per almeno una settimana.
Ospiti di Santoro, Mentana, Vespa. E pure della De Filippi.
A casa mia, quando sono depresso e incazzato per le elezioni.
In tutte le strade.
C’è bisogno di Gronge, oggi più che mai.
ACIDIVIOLA.it
agosto 2012
Ammetto che, parlando dei Gronge, ho paura di dire qualche cazzata di troppo. Ma dopo aver ascoltato Dolci ricordi, ottavo album del gruppo “tecnopunkabaret” romano, non posso farne a meno. Perchè un album così originale e ben fatto, non capita spesso. Un album che pesca più e più volte nelle “tradizioni” del nostro paese: musicali (I cugini di campagna e la Pfm), certo, ma anche nelle cattive abitudini (televisive e – soprattutto – non).
No, non sono impazzito. Fate partire il disco e Marco vi canterà Anima mia tra svolazzi psichedelici ed elettronici. E si parla, già dai primi secondi, di persone che – aspettate – a casa non ritorneranno più.
Ma prima di salire in casa, se c’arriviamo, camminiamo per le strade di Roma: tra mille e mille graffiti, tasselli che vanno a comporre il testo di Graffiti 3. Un muro noiserock fatto di mattoni vagamente hip-hop. È quasi come facevano gli Ustmamò con gli annunci d’appuntamenti, ma in maniera molto più rumorosa.
Si rimane rumorosi anche in il corpo della nazione, anche se qui il rumore è più elettronico. Quattro minuti tra martellate di elettronoise e racconti di una voce calma (o rassegnata?). Ma non si è solo rumorosi, c’è anche un’anima punk che svolazza in tutto l’album e lo rende dannatamente sporco: prendete the teacher, dove la rabbia tipica del punk (la chitarra – col suo riff – ricorda un pò i Dead Kennedys) viene mischiata a batterie veloci, quasi drum’n’bass, un pò à la Asian Dub Foundation (“Fortress Europe“?). Muovetevi, e continuate a martellare, da incazzati, fino all’arrivo della polizia.
Dolci ricordi, dall’alto dei suoi due minuti, si muove tra psichedelia, post-rock e reading. Due minuti bassi ma che vanno dritti al punto, se ascoltate bene il testo. Uno stacco di riposo tra due episodi distorti e incazzati. Infatti, con forza lavoro ritorna la rabbia. Rabbia giustificata, per difendere una vita (“…una vita di merda, di merda, di merda!” – è qui, nella voce, che si sente di più l’incazzatura del quartetto romano) armati di punk, di casino noise, di frullati di chitarra e cori di protesta.
“Questa canzone è dedicata a tutti li giovanetti che persero la vita a causa della legalità“: recita l’inizio di pischelli, un brano carico di suggerimenti, che vanno dal neorealismo cinematografico alle strade di Roma, dalla cronaca allo sguardo delle madri che non vedono più ritornare i propri figli. Il tutto su un tappeto di samba-noise interrotto – bruscamente – da scariche rumorose. E per Gronge, dall’alto dei suoi venti-e-passa-anni di esperienza, è uno scherzo saltare dal noise al jazzcore: in killer naturale è come se i Neo si divertissero ad accompagnare un crooner di tutto rispetto (parliamo comunque di Marco Bedini, mica cazzi). Dal rumorismo al jazz, andata e ritorno: noise-jazz-noise. E il ritorno è man ray lo sai: elettronica e rumorismo che camminano insieme e che sembrano random. Prendete il pezzo precedente, togliete i Neo e mettete i synth ronzanti delle Amavo ad accompagnare la voce, questo potrebbe essere il risultato.
My brain per partire deve superare – all’inizio – un paio di indecisioni strumentali. Ma quando trova la sua strada, si divide tra ambient/drone e una voce che sembra quasi vaneggiare da ubriaco: e il risultato è uno strumentale claustrofobico, basso, ma di grande effetto. E della stessa qualità è anche divento protagonista che, nonostante la citazione PFMina iniziale, riporta in campo le distorsioni e le “sporcizie” punk. Distorsioni e pesantezze, schizzi e deliri elettronici. Tutte cose che caratterizzano fortemente questo lavoro e lo rendono molto originale.
Che poi, quando a fine album ti si presenta un pezzo chiamato defilippis dead cosa puoi aspettarti? Un invito a cantare, tutti insieme, sudati e felici, rumorosi e distorti “de filippi is deaaaaad” augurando alla diretta interessata “di vivere ancora un milione di anni per assistere a tutti i danni cerebrali che hai compiuto su questa nazione, sulle migliori menti che potevano circolare a piede libero … di vivere e trascinarti per vedere con i tuoi occhi tutti i danni che hai compiuto“. Fine delle trasmissioni, coi complimenti vivissimi per il programma.
BLOW UP
luglio/agosto 2012
recensione di Gianluca Polverari
album: Dolci Ricordi